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L'UOMO SENZA PAURA

 

N° 59

 

LA LEGGE DELLA PAURA

 

(PARTE NONA)

 

 

L’ARENA DELLA PAURA

 

Di Carlo Monni

 

1.

 

 

            Il mio nome è Ben Urich e sono un giornalista. Stasera, qui al Madison Square Garden, pare che il mio compito sia testimoniare la sconfitta di Devil per mano del nuovo Gladiatore.

            Solo pochi istanti fa gli spettatori presenti nonché tutti quelli che stanno seguendo l’evento in diretta TV o via internet hanno visto il pugno del Gladiatore calare ripetutamente su Devil a terra poi il supercriminale ha sollevato con aria di trionfo il corpo del suo avversario sopra la sua testa proclamando la sua vittoria.

            Ed è a questo punto che qualcosa accade: Devil si muove e le sue gambe si chiudono a tenaglia sul collo del Gladiatore e lo spingono fino a farlo cadere all’indietro.

-È vivo, Ben!- urla Candace Nelson al mio fianco –Sta ancora combattendo.-

            Sì… è proprio così: Devil non è ancora sconfitto.

 

            Su uno schermo panoramico ultrapiatto Mister Fear sta seguendo lo scontro in diretta e sotto la sua maschera sogghigna.

-E così, avvocato.- mormora –Ne sai sempre una più del diavolo.-

-Cos’hai detto?- chiede la ragazza legata ad una sedia alle sue spalle.

-Nulla che ti riguardi, mia cara, ora zitta: le cose si vanno facendo interessanti.-

 

            Mentre il Gladiatore cade al suolo io salto lontano. Per mia fortuna so come accompagnare i colpi o i pugni del mio avversario mi avrebbero quasi staccato la testa. Evitare le sue lame è stato più difficile. Quando questa faccenda sarà finita avrò un po’ di cicatrici in più… se sopravvivo, ovviamente, il che non è affatto certo.

            Il mio vantaggio è che il Gladiatore non conosce altra strategia che l’attacco puro e semplice. Si comporta come un toro in una corrida ed io devo solo fare come i matador: restare fuori portata dalle sue lame, lasciare che si stanchi e poi dargli il colpo di grazia. Sembra facile a dirlo ma molto meno a farlo credetemi.

            Il Gladiatore carica ma io evito di misura le sue lame. No… non sarà affatto facile restare vivi.

 

 

2.

 

 

Kathy Malper sobbalza vedendo le lame del Gladiatore passare a pochi millimetri dal petto di Devil… se lui non fosse stato abbastanza veloce da evitarle, gli avrebbero sicuramente aperto uno squarcio nel petto che lo avrebbe ucciso.

Non deve farsi influenzare dai suoi sentimenti per l’eroe mascherato, deve restare calma. Già, facile a dirsi. E poi… quali sono i suoi sentimenti per Devil… a parte l’evidente ammirazione per l’uomo che l’ha aiutata a far cadere Kingpin e le ha salvato la vita più volte? Lei non è una di quelle stupide eroine dei vecchi fumetti che avevano occhi solo per l’irraggiungibile eroe mascherato. Dovrebbe essere più intelligente e la cosa più intelligente sarebbe lasciar perdere Devil e pensare ad altri uomini sicuramente più disponibili di un avventuriero mascherato. Matt Murdock, ad esempio: è bello, è intelligente ed il fatto che sia cieco non ha molta importanza in fondo. Già… ma dov’è Matt Murdock? Non è certo qui. Ma perché avrebbe dovuto esserci? Per lui essere qui o a casa non fa molta differenza no? In fondo è il più fortunato di tutti loro.

L’urlo della folla richiama la sua attenzione. Devil ha appena evitato un altro assalto del Gladiatore ed è passato al contrattacco colpendo il suo avversario con un calcio al mento apparentemente senza effetto.

Può davvero farcela? Si chiede Kathy.

 

Ok… mi ha quasi ucciso stavolta, ma è il quasi che conta. Mi passo la mano sul petto e sento il sangue scorrere tra le dita e ne sento l’odore metallico. Sono ferite superficiali ma fanno male.

Eccolo che torna alla carica. Il suo respiro è pesante ma non molla per quanto sia stanco. Lo evito ancora e finisce contro le corde del ring. Ne approfitto per colpirlo più volte ai fianchi. Le mani mi fanno male ma non posso mollare. Sento che è solo questione di tempo: se non cede lui, sarò io a farlo.

 

Mister Fear volta le spalle al monitor e si rivolge alla ragazza legata alla sedia.

-Comunque vada a finire quello scontro…- dice -… io e te dobbiamo fare un discorsetto, figliola.-

-Non chiamarmi figliola.- ribatte la ragazza.

            Mister Fear non replica e premendo il pulsante di un telecomando apre le manette che serrano braccia e gambe della ragazza alla sedia. La giovane si alza e si massaggia i polsi.

-Mettiti il costume.- le dice Fear.

            La ragazza lo fissa con evidente odio, ma si avvicina all’appendiabiti a cui è appeso il costume di Shock e lo indossa.

            A questo punto Mister Fear le getta una pistola e lei la prende al volo soppesandola tra le mani.

-È carica Ariel.- le dice Fear –Sono proiettili veri. Controlla pure. Adesso la scelta è tua: puoi spararmi ed io non farò nulla per impedirtelo, oppure puoi decidere di porre fine ad anni di odio e stare al mio fianco. Da soli siamo stati temibili ma insieme saremmo inarrestabili: i signori del Terrore. Cosa mi dici?-

            Ariel Tremmore non parla. Estrae il caricatore dalla pistola e lo controlla. I proiettili sono autentici. Lo rimette a posto ed appoggia la canna dell’arma alla tempia destra di Mister Fear che rimane immobile.

            Nessuno dei due saprebbe dire quanto tempo passano in quella posizione, poi, alla fine lei abbassa l’arma e si rivolge all’uomo davanti a lei:

-Possiamo parlarne… papà.-

 

 

3.

 

 

            Per quanto possa sembrare incredibile, Devil sta contrattaccando. Solo pochi attimi prima il Gladiatore sembrava dominare lo scontro ed ora sta arrancando mentre Devil lo tempesta di colpi senza dargli tregua.

            Il Gladiatore sferra un altro colpo con le sue lame rotanti ma Devil lo evita. Il criminale avanza ma le sue gambe non lo reggono e cade con tonfo sordo. Devil mormora qualcosa ma non lo sento, poi cade anche lui tra il boato della folla.

 

            Vivo nelle tenebre da quando avevo 15 anni. Il senso radar e gli altri supersensi compensano la mancanza della vista… ma non abbastanza per quel che mi riguarda.

            Quando riprendo conoscenza sono assalito da una babele di suoni e odori. Mi ci vuole un po’ per riuscire a distinguerli. Disinfettante ed altri odori tipici: sono in un ospedale.

            Qualcuno mi stringe la mano, profumo femminile… no, più d’uno: tre serie di profumi femminili, uno appartiene al medico che mi sta visitando, poi l’odore di dopobarba maschile misto a quello stantio di tabacco che ristagna su un vecchio impermeabile: Ben Urich è qui e se c’è lui…

-Stai… stai bene?- la voce appartiene a Kathy Malper, che sorpresa. Come una scolaretta colta sul fatto lascia la mia mano. Mi viene da ridere ma un dolore all’altezza dello sterno mi dissuade.

-Dovresti chiederlo alla dottoressa…-

-Foster.- risponde la donna. La conosco: è la stessa che si è occupata di Ivan, il padrino della Vedova Nera.[1] -Jane Foster-Kincaid per la precisione.-

            Improvvisamente mi coglie un pensiero e mi porto istintivamente le mani al volto. La mia maschera c’è ancora.

-Tranquillo, Devil.- mi dice Ben –Io e Foggy Nelson abbiamo convinto i paramedici a non toglierti la maschera-

-E ci sono riusciti solo perché non c’erano danni evidenti al volto.- puntualizza la dottoressa –altrimenti non avrei sentito ragioni.-

-Hurrah per il mio bel profilo.- commento –Scherzi a parte, dottoressa, che danni ci sono?-

-Tutta roba di poco conto: qualche ferita superficiale provocata dalle lame del Gladiatore, che ho disinfettato e fasciato, qualche contusione ed un paio di costole incrinate. Naturalmente abbiamo dovuto tagliar via quel che restava della sua giubba.-

            Il che spiega il petto nudo di cui mi ero accorto da un po’.

-Grazie della diagnosi, dottoressa.- dico saltando giù dalla barella... e facendo una smorfia di dolore mentre mi porto una mano al petto.

            Sento che Kathy fa per muoversi verso di me, poi ci ripensa.

-Posso andare adesso?- chiedo.

-Non è proprio una buona idea… ma so che non posso impedirglielo.- ribatte la Foster.

-Risparmi un letto per chi ne ha veramente bisogno.- è la mia replica.

            Mi avvicino a Kathy Malper.

-Grazie di essere rimasta qui per me.- le dico, poi, d’impulso, l’afferro per le spalle e la bacio.

            Sento un risolino da parte di Candace Nelson ed il tossicchiare imbarazzato di Ben.

Quanto a Kathy… quando mi stacco da lei non dice niente ed io non le lascio il tempo di pensarci. Mi tuffo fuori dalla più vicina finestra e lascio che il mio fidato cavo mi porti lontano.

Mi sento uno straccio e credo che una volta arrivato a casa dormirò almeno per una settimana.

 

Quando il combattimento è finito le porte del Madison Square Garden si sono aperte automaticamente. Le squadre di artificieri della Polizia di New York integrate da esperti del B.A.T.F.[2] hanno perquisito l’arena e la sottostante Pennsylvania Station e rimosso tutti gli ordigni che vi erano stati collocati ed ormai disattivati. Chi ha organizzato lo scontro tra Devil ed il Gladiatore per una volta ha giocato pulito.

È ormai l’alba quando il Procuratore degli Stati Uniti per il Distretto Sud dello Stato di New York, Franklin “Foggy” Nelson e il Procuratore Distrettuale della Contea di New York (altrimenti detta Manhattan) William Hao ricevono il responso delle analisi sulle registrazioni della misteriosa voce che annunciava che il Garden e la Penn Station erano stati minati. Il risultato non li sorprende particolarmente.

-Mister Fear…ancora lui.- commenta Bill Hao –Bene, il caso è tuo, Nelson, quel bastardo è stato classificato come terrorista.-

-Per quel che vale.- replica, sconsolato, Foggy –Quel bastardo, come lo chiami tu, ci è già sfuggito una volta e non siamo più vicini di prima a riprenderlo.-

 

 

4.

 

 

           

Quando mi sveglio è tardi. Gli antidolorifici datimi dalla dottoressa Foster mi hanno fatto dormire più del solito. In ufficio si preoccuperanno per me: normalmente sono il primo ad arrivare.

Mi lavo con molta attenzione stando attento a non toccare i bendaggi. Le ferite non fanno molto male e presto ne rimarrà solo il ricordo. Faccio colazione ascoltando il notiziario alla radio. Dicono che dietro l’assalto del Gladiatore ci fosse Mister Fear. Non sono sorpreso. Che sia Fagan o un altro, Fear ci gode sempre a tormentarmi. Ma come hanno fatto a saperlo i media? Qualcuno, evidentemente parla troppo

Pochi minuti dopo prendo un taxi e mi faccio portare in ufficio. Stamani non ho proprio voglia di prendere la via dei tetti. Devil si prenderà una pausa per un po’… almeno spero.

Quando arrivo tutti sono in attività frenetica.

-Matt!- esclama Becky Blake –Stai bene?-

            Devo avere un aspetto orribile perché mi faccia questa domanda… a meno che non sospetti qualcosa.

-La sveglia non ha funzionato e ho dormito troppo, tutto qui.- rispondo -Novità?-

-Nulla di interessante.- risponde Becky.

            Qualcuno mi si avvicina. Dal dopobarba e dal battito riconosco Willie Lincoln, investigatore dello studio, ex poliziotto di colore e prova vivente che un cieco non ha bisogno di supersensi per superare il suo handicap.

-Stai ancora indagando su Mister Fear?- gli chiedo.

-Ho trovato qualche pista… forse.- risponde.

-Attento. Il nostro uomo non ama che ci si metta sui suoi passi. Forse dovresti farti aiutare da Dakota North… a proposito: dov’è?-

-Non è ancora venuta.-

            Spero non si sia messa in qualche guaio. È appena uscita dall’ospedale e non vorrei che avesse chiesto troppo a se stessa

 

Dakota North si sveglia con un cerchio alla testa e si guarda intorno. Non riconosce l’uomo che dorme al suo fianco e di certo non ricorda il suo nome. Deve smetterla con questo stile di vita, pensa: raccattare uomini nei bar e tutto il resto, questo è un cammino di pura autodistruzione.

Si veste in fretta e senza far rumore, quindi lascia l’appartamento. A quanto pare, si trova nel centro di Manhattan, meglio così. Ferma un taxi e si fa portare a casa. Prima di fare qualunque altre cosa deve farsi una lunga doccia e cambiarsi d’abito

 

Nella prigione di Ryker’s Island l’uomo noto solo come il Gladiatore entra nella sala colloqui dove è atteso.

Due donne, pensa, mi hanno mandato due donne. Che idioti.

La bionda non è malaccio. Veste come un maschiaccio e porta un berretto da baseball. Dice di chiamarsi Kathy Malper e viene dalla Procura Federale. La nera è flessuosa come una pantera, veste più formale ed è un Vice Procuratore Distrettuale. Si chiama Maxine Lavender.

Il Gladiatore scommette che in orizzontale devono essere entrambe fantastiche.

-Sappiamo che lavori con Mister Fear.- dice la Lavender –Su questo non ci sono dubbi.-

-Rischi un’incriminazione federale per favoreggiamento del terrorismo.- rincara la dose Kathy Malper –Ma se ci dai una mano…-

            Il Gladiatore sorride passando lo sguardo su entrambe alternativamente poi risponde:

-Potrei darvi qualcosa di diverso da una mano… vi piacerebbe di più, ci scommetto.-

            Kathy Malper avvampa e serra i pugni. Il prigioniero ride.

 

 

5.

 

 

            Dakota entra nel suo appartamento e sente subito una presenza estranea Si maledice di non aver portato con sé un’arma e si muove con molta circospezione.

            Dal salotto arriva una voce maschile a lei ben nota:

-Non aver paura… sono solo io.-

            Con un’espressione dura Dakota entra nel salotto dove sta comodamente seduto un uomo sui sessant’anni abbondanti con capelli e barba bianchi.

-Fai pure come se fossi a casa tua… papà.- gli dice.

-Risparmiati il sarcasmo, figliola.-ò ribatte Stephen J “Sam” North -Tu puoi non credermi, ma ero preoccupato per te. Ti sono successe molte cose ultimamente… e sono stato spesso a trovarti mentre eri in coma.-

-Un po’ tardi per fare il padre premuroso non credi?- ribatte Dakota.

            Il vecchio scuote la testa,

-Riuscirò mai a convincerti della mia buona fede?-

-No.-

-Bene…- Sam si alza -… solo… ti prego di stare attenta.-

            Il volto di Dakota si ammorbidisce un po’.

-Farò del mio meglio- risponde –Contaci.-

 

            Il giorno trascorre senza incidenti, grazie al cielo. Qualche ora in tribunale, un po’ di clienti con cui chiacchierare ed una giornata di lavoro sta finalmente per finire.

            Dakota North è finalmente arrivata ma dopo un breve saluto si è recata nel suo ufficio e non ha più rivolto parola a nessuno. Qualunque cosa la tormenti non dovrebbe essere affar mio ma forse mi sento in colpa per averla coinvolta con Shock. Mi reco da lei.

-Tutto bene?- le chiedo.

-Sì, Matt.- risponde Dakota –Mi sento decisamente in forma.-

            Mente, i suoi segni vitali raccontano una storia diversa, ma forse posso fare qualcosa.

-Stasera c’è l’annuale cena dell’Ordine degli Avvocati di New York.- le dico -Avevo pensato di non andarci ma ho cambiato idea. Ti andrebbe di venirci con me?-

-Io?-

-Certo, ti stupisce così tanto? Sei in grado di trovare un abito da sera in così poche ore?-

            La sento rilassarsi mentre risponde con una leggera risatina:

-A casa dovrei averne almeno uno che ancora mi entra. Accetto il tuo invito.-

 

            Mister Fear guarda i Duri davanti a sé poi si rivolge a Ariel Tremmore:

-Sei pronta per la nostra prima impresa insieme, mia cara?-

            Il corpo di Ariel è scosso da un tremito mentre il suo volto si deforma diventando una specie di teschio ed i capelli si allungano e lei diventa Shock.

-Non vedo l’ora.- è la sua risposta.

 

 

FINE NONA PARTE

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Quasi nulla da dire che non sia efficacemente spiegato nella storia stessa, quindi andiamo al sodo: nel prossimo episodio i nodi verranno al pettine e i nostri protagonisti scopriranno che una riunione di avvocati non è necessariamente noiosa... purtroppo per loro.

 

 

Carlo



[1] Rimasto ferito su Marvel Knights #55.

[2] Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives, corpo di polizia federale specializzata alle dipendenze del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti.